giovedì 17 gennaio 2013

Si vis imperium, para bellum - Storie di ordinaria amministrazione



La stella d’Italia che assiste il soldato in trincea in una cartolina postale della Grande guerra

 La campagna elettorale per le prossime politiche sarà dominata
dalla "questione Mali".
Soppresso il moto di riso che una frase del genere dovrebbe suscitare in un normodotato, l'esame della razionalità dell'affermazione potrebbe articolarsi in questi punti (disposti in ordine di importanza crescente ed ilarità decrescente):
  1. I radicali potrebbero godersi il primato nell'attenzione sulla vicenda: la Sorte ha voluto che il segretario del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito [risata obbligatoria] fosse un membro del governo assediato.
    Purtroppo, però, nessuno ascolta Radio radicale e nessuno ascolta i radicali, neanche se sono in punto di morte.
  2. Romanone Prodi, essendo inviato speciale dell'ONU per il Sahel, potrebbe spadroneggiare in tv in barba alla par condicio parlando solo d'Africa e lanciare la sua candidatura al Quirinale.
    Peccato che l'elezione non sia diretta, che in ogni caso nessun italiano lo voterebbe, che la visibilità e la notorietà non siano un requisito ma un elemento ostativo per accedere alla massima (?) carica dello Stato.
    Certo, si potrebbe far valere a marzo l'impegno profuso per la causa comune a febbraio.
    Ma vai a fidarti di d'Alema...
  3. Finalmente, l'unico che può usare davvero l'azione militare di quello strumento inconsapevole dello Stellone d'Italia di Hollande è Mario Monti.
Monti sta facendo di tutto, in barba alle catene dell'ordinaria amministrazione, per fondare sull'eccezionalità della vicenda in corso il suo progetto di minare alla base il prossimo fantomatico governo di centro-sinistra.
Una missione italiana di guerra da far rifinanziare al prossimo governo costituirebbe una solidissima bomba ad orologeria piazzata sotto il naso di PG Bersani.

La goccia che fece traboccare il governo Prodi nel 2007, infatti, fu versata da un altro strumento della Provvidenza, Franco Turigliatto, per lavare il sangue versato dai militari italiani nel mondo.

E' vero: Vendola non è Turigliatto e non rinuncerebbe al potere per salvare i Tuareg.
Ma dietro ogni Turigliatto c'è un weltroni pronto a farsi fregare da Berlusconi, c'è un Mastella piccato perché vittima dell'accordo, ci sono i mille franchi tiratori pronti ad abbattere il governo dall'interno.

Di fronte a un rischio simile, come fare a meno dei 10-20 Senatori del Senatore a vita?

Fuori dal calcolo di Monti, però, restano due elementi fondamentali:
  • il 25 febbraio a trattare con Bersani resterà solo Casini (e a lui converrà aver già preso casa a Brussels);
  • gli stessi Senatori terzisti potrebbero non bastare.

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