venerdì 18 gennaio 2013

L'importanza del grillino



Il luogo comune vuole che i grillini siano meglio del Guru e perciò alla matita dell'anticonformista è toccato rovesciare la vulgata restituendo al megafono il primato.

Dei luoghi comuni, è vero, è vietato abusare; tuttavia, l'opinione collettiva ha sempre un fondamento.

I grillini, dunque, in certi casi sono ben più utili di Grillo:
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1163980/Regione-Sicilia--timbrano-e-escono--cosi-i-consiglieri-si-tengono-la-diaria.html

La loro funzione storica, il loro ruolo di strumenti insufficienti nelle mani della Provvidenza sarà proprio questo: denunciare gli abusi, quelli grossolani, intollerabili, gli atteggiamenti accattoni che spesso i nostri politici pongono in essere con l'ingenuità che è propria dell'inetto.

Il rischio, naturalmente, è che la denuncia si trasformi nel monito perpetuo e continuo di Savonarola; che ogni modesta deviazione dalla regola venga considerata una intollerabile "ruberia" (parola orribile di cui impropriamente ormai si abusa perché la radice richiama immediatamente il verbo) .
Il rischio di una repubblica savonarolesca è dietro l'angolo.

giovedì 17 gennaio 2013

Si vis imperium, para bellum - Storie di ordinaria amministrazione



La stella d’Italia che assiste il soldato in trincea in una cartolina postale della Grande guerra

 La campagna elettorale per le prossime politiche sarà dominata
dalla "questione Mali".
Soppresso il moto di riso che una frase del genere dovrebbe suscitare in un normodotato, l'esame della razionalità dell'affermazione potrebbe articolarsi in questi punti (disposti in ordine di importanza crescente ed ilarità decrescente):
  1. I radicali potrebbero godersi il primato nell'attenzione sulla vicenda: la Sorte ha voluto che il segretario del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito [risata obbligatoria] fosse un membro del governo assediato.
    Purtroppo, però, nessuno ascolta Radio radicale e nessuno ascolta i radicali, neanche se sono in punto di morte.
  2. Romanone Prodi, essendo inviato speciale dell'ONU per il Sahel, potrebbe spadroneggiare in tv in barba alla par condicio parlando solo d'Africa e lanciare la sua candidatura al Quirinale.
    Peccato che l'elezione non sia diretta, che in ogni caso nessun italiano lo voterebbe, che la visibilità e la notorietà non siano un requisito ma un elemento ostativo per accedere alla massima (?) carica dello Stato.
    Certo, si potrebbe far valere a marzo l'impegno profuso per la causa comune a febbraio.
    Ma vai a fidarti di d'Alema...
  3. Finalmente, l'unico che può usare davvero l'azione militare di quello strumento inconsapevole dello Stellone d'Italia di Hollande è Mario Monti.
Monti sta facendo di tutto, in barba alle catene dell'ordinaria amministrazione, per fondare sull'eccezionalità della vicenda in corso il suo progetto di minare alla base il prossimo fantomatico governo di centro-sinistra.
Una missione italiana di guerra da far rifinanziare al prossimo governo costituirebbe una solidissima bomba ad orologeria piazzata sotto il naso di PG Bersani.

La goccia che fece traboccare il governo Prodi nel 2007, infatti, fu versata da un altro strumento della Provvidenza, Franco Turigliatto, per lavare il sangue versato dai militari italiani nel mondo.

E' vero: Vendola non è Turigliatto e non rinuncerebbe al potere per salvare i Tuareg.
Ma dietro ogni Turigliatto c'è un weltroni pronto a farsi fregare da Berlusconi, c'è un Mastella piccato perché vittima dell'accordo, ci sono i mille franchi tiratori pronti ad abbattere il governo dall'interno.

Di fronte a un rischio simile, come fare a meno dei 10-20 Senatori del Senatore a vita?

Fuori dal calcolo di Monti, però, restano due elementi fondamentali:
  • il 25 febbraio a trattare con Bersani resterà solo Casini (e a lui converrà aver già preso casa a Brussels);
  • gli stessi Senatori terzisti potrebbero non bastare.

lunedì 14 gennaio 2013

Un Presidente monarchico


http://www.blogorrea.it/wp-content/uploads/2012/12/747px-Vignetta_Manzoni.jpg 
 
Per tenere a bada la maggioranza che si era fatta (o era stata fatta) minoranza, nel 1946 fu eletto Presidente della Repubblica neonata un monarchico.
Tipiche stravaganze del mos italicum e raffinata scelta politica.

De Nicola non incarnava l'anima del patriottismo repubblicano, litigava con il Presidente del Consiglio De Gasperi, fuggiva periodicamente verso casa sua ed era scapolo.


Ora, Lui "come Einaudi, pens[a] che lo Stato spenda meno bene i soldi rispetto a quanto possono fare i cittadini" e non dubitiamo del fatto che non faticherebbe a far scrivere "La tv del Presidente" sotto il bollino di Canale 5.
Tuttavia, è chiaro che, immaginando un Cavaliere Capo dello Stato, la mente - che funziona per analogia e per contrasto - corre a chi ha sempre palesato la propria profonda disistima nei confronti della magistratura (spinta fino alla guasconata dell'invio dei Carabinieri a Palazzo dei Marescialli.).

Goliardia e forzature a parte, l'idea di sperimentare un nuovo genus di Presidente della Repubblica, in aperto contrasto con la maggioranza politica, non deve essere pregiudizialmente abbandonata perché Lui è un impresentabile.

I 100 costituzionalisti che ogni mese (fino al 2011) firmavano l'appello contro le leggi vergogna saranno ben lieti di indagare sui suoi rinvii alle Camere, sui suoi rifiuti di firmare i decreti, sulle sue esternazioni.

Per ora, però, l'argomento va affrontato in sordina, preparando i lettori di Repubblica ad un accordo che, deo gratias, andrà fatto ad urne chiuse.

sabato 12 gennaio 2013

Difendere il Focolare per conservare il Volksgeist



Non sfuggirà al più attento lettore dei grandi quotidiani italiani
- quello meno accorto, che si accontenta della rassegna stampa dell'on. Mineo su Rai-Al-Jazeera, non ci avrà fatto caso -
il fatto che le dimissioni del ministro bondi (prima) e del Presidente Berlusconi (dopo) hanno persuaso i Mercati ma non le Domus romane, che a Pompei continuano a crollare come se non fossimo divenuti il Paese normale che finalmente siamo.

Forse per reagire all'insolenza dei Lari il Presidente Monti decise all'epoca di aggiungere un tassello al suo progetto di rifondazione dell'italianità: la scelta tipicamente italiana di comprare casa per farne il fulcro dell'esistenza familiare doveva essere ostacolata.
L'affitto, si sa, rende più flessibili, vince le remore agli spostamenti ed incentiva la mobilità, unica via per la crescita.

Ma un governo liberale può fare una scelta del genere?

La scelta del Cav di centrare sull'abolizione dell'IMU sulla prima casa l'intera campagna elettorale è senza dubbio frutto di un calcolo elettorale,
ma accidentalmente risulta più liberale e rispettosa dell'indirizzo che lo Spirito del popolo sceglie di dare alla direzione dello sviluppo.

Il fallimento del governo Monti - lo certificheranno gli storici - trova le sue radici in questa ridicola e grottesca ambizione: raddrizzare un legno che reputano storto, ignorando il nesso fra vizi e virtù di un popolo ingovernabile.

La società civile arcitaliana, perciò, ripudia la scelta cinica del professore e combatte la sua salita in politica con il suo strumento preferito: la disobbedienza incivile.

Per queste ragioni stiamo tutti con il comandante Tullio Mastrangelo.

venerdì 4 gennaio 2013

La cazzata

Dice Giuliano Ferrara, in sintesi, che renzi ha fatto una cazzata.
Secondo lui, l'errore consiste nel non aver fatto pesare i propri numeri per avere una pattuglia di "amici" degna.

Noi la pensiamo diversamente.
La cazzata s'invera nella velleità (più che vocazione) maggioritaria del PD, frutto di una serie di complessi di inferiorità stratificati negli anni:

  1. lo zapaterismo (prima, tanto prima che ormai ce ne siamo scordati e quando si è dovuto dimettere l'eroe per aver messo in ginocchio il suo Paese nessuno più si ricordava dell'1 por ciento de su carisma).
  2. il blairismo, solo recentemente derubricato "figura fallimentare" dall'ala amputanda.
  3. l'eterno amore per il grande partito democratico americano, buffonescamente incarnato nelle giravolte weltroniane.
Il risultato di questo psicodramma collettivo che ha afflitto le generazioni post bolognine è il Maxi-partito unico in cui tutte le voci trovano spazio,
chi sgomita meglio e si libera di D'Alema comanda,
e alla fine Prodi fa il Premier o, nella versione moderna, il Presidente della Repubblica.

Vi siete persi?
Allora concludiamo.

La cazzata che impedirà a renzi di riversare nel PD i voti dei suoi personali sostenitori è la scelta di non dar spazio a liste farlocche tipo Fratelli di Ignazio e Grande Micciché :
per sconfiggere i montiani e tenere nel centrosinistra i voti degli ichiniani bisognava dare agli elettori la possibilità di rendere visibile la loro scelta dissenziente rispetto alla linea del Soviet centrale.

Far smanicare il piccolo matteo dalla gruber servirà a poco.